Giove è il quinto pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole ed il più grande di tutto il sistema planetario: la sua massa corrisponde a 2,468 volte la somma di quelle di tutti gli altri pianeti messi insieme. È classificato, al pari di Saturno, Urano e Nettuno, come gigante gassoso.
Giove ha una composizione simile a quella del Sole: infatti è costituito principalmente da idrogeno ed elio con piccole quantità di altri composti, quali ammoniaca, metano ed acqua. Si ritiene che il pianeta possegga una struttura pluristratificata, con un nucleo solido, presumibilmente di natura rocciosa e costituito da carbonio e silicati di ferro, sopra il quale gravano un mantello di idrogeno metallico ed una vasta copertura atmosferica che esercitano su di esso delle altissime pressioni.
Atmosfera
L'atmosfera esterna è caratterizzata da numerose bande e zone di tonalità variabili dal color crema al marrone costellate da formazioni cicloniche ed anticicloniche, tra le quali spicca la Grande Macchia Rossa. La rapida rotazione del pianeta gli conferisce l'aspetto di uno sferoide oblato e genera un intenso campo magnetico che dà origine ad un'estesa magnetosfera; inoltre, a causa del meccanismo di Kelvin-Helmholtz, Giove (come tutti gli altri giganti gassosi) emette una quantità di energia superiore a quella che riceve dal Sole.
A causa delle sue dimensioni e della composizione simile a quella solare, Giove è stato considerato per lungo tempo una "stella fallita": in realtà solamente se avesse avuto l'opportunità di accrescere la propria massa sino a 75-80 volte quella attuale il suo nucleo avrebbe ospitato le condizioni di temperatura e pressione favorevoli all'innesco delle reazioni di fusione dell'idrogeno in elio, il che avrebbe reso il sistema solare un sistema stellare binario.
Campo gravitazionale
L'intenso campo gravitazionale di Giove influenza il sistema solare nella sua struttura perturbando le orbite degli altri pianeti e lo "ripulisce" da detriti che altrimenti rischierebbero di colpire i pianeti più interni. Intorno a Giove orbitano numerosi satelliti e un sistema di anelli scarsamente visibili; l'azione combinata dei campi gravitazionali di Giove e del Sole, inoltre, stabilizza le orbite di due gruppi di asteroidi troiani.
Giove appare ad occhio nudo come un astro biancastro molto brillante a causa della sua elevata albedo. È il quarto oggetto più brillante nel cielo, dopo il Sole, la Luna e Venere con cui, quando quest'ultimo risulta inosservabile, si spartisce il ruolo di "stella del mattino" o "stella della sera".
Giove fotografato da un telescopio amatoriale, si notano tre dei quattro satelliti medicei: a destra Io, a sinistra Europa (più interno) e Ganimede. E' visibile anche la caratteristica più peculiare: la Grande Macchia Rossa.
Formazione
Dopo la formazione del Sole, avvenuta circa 4,6 miliardi di anni fa,[89][90] il materiale residuato dal processo, ricco in polveri metalliche, si è disposto in un disco circumstellare da cui hanno avuto origine dapprima i planetesimi, quindi, per aggregazione di questi ultimi, i protopianeti.
Giove in formazione all'interno della nebulosa solare
La formazione di Giove ha avuto inizio a partire dalla coalescenza di planetesimi di natura ghiacciata poco al di là della cosiddetta frost line, una linea oltre la quale si addensarono i planetesimi costituiti in prevalenza da materiale a basso punto di fusione; la frost line ha agito da barriera, provocando un rapido accumulo di materia.
Composizione
L'atmosfera superiore di Giove è composta in volume da un 88-92% di idrogeno molecolare e da un 8-12% di elio. Queste percentuali cambiano se si tiene in considerazione la proporzione delle masse dei singoli elementi e composti, dal momento che l'atomo di elio è circa quattro volte più massiccio dell'atomo di idrogeno; l'atmosfera gioviana è quindi costituita da un 75% in massa di idrogeno e da un 24% di elio, mentre il restante 1% è costituito da altri elementi e composti presenti in quantità molto più esigue. La composizione varia leggermente man mano che si procede verso le regioni interne del pianeta, date le alte densità in gioco; alla base dell'atmosfera si ha quindi un 71% in massa di idrogeno, un 24% di elio e il restante 5% di elementi più pesanti e composti: vapore acqueo,ammoniaca, composti del silicio, carbonio e idrocarburi (soprattutto metano ed etano), acido solfidrico, neon, ossigeno, fosforo e zolfo. Nelle regioni più esterne dell'atmosfera sono inoltre presenti dei consistenti strati di cristalli di ammoniaca solida.
Atmosfera
L'atmosfera di Giove è la più estesa atmosfera planetaria del sistema solare; manca di un netto confine inferiore, ma gradualmente transisce negli strati interni del pianeta.
Dal più basso al più alto, gli stati dell'atmosfera sono: troposfera, stratosfera, termosfera ed esosfera; ogni strato è caratterizzato da un gradiente di temperatura specifico. Al confine tra la troposfera e la stratosfera, ovvero la tropopausa, è collocato un sistema complicato di nubi e foschie costituito da stratificazioni di ammoniaca, idrosolfuro di ammonio ed acqua.
Dimensioni
Giove è il pianeta più massiccio del sistema solare, 2,468 volte più massiccio di tutti gli altri pianeti messi insieme; in raffronto alla Terra, Giove è 317,938 volte più pesante, ha un volume 1 319 volte superiore ma una densità più bassa, appena superiore a quella dell'acqua: 1,319 × 10³ kg/m³ contro i 5,5153 × 10³ kg/m³ della Terra.
Il diametro è 11,2008 volte maggiore di quello terrestre
La struttura interna del pianeta è oggetto di studi da parte degli astrofisici e dei planetologi; si ritiene che il pianeta sia costituito da più strati, ciascuno con caratteristiche chimico-fisiche ben precise. Partendo dall'interno verso l'esterno si incontrano, in sequenza: un nucleo, un mantello di idrogeno metallico liquido, uno strato di idrogeno molecolare liquido, elio ed altri elementi, ed una turbolenta atmosfera. Secondo i modelli astrofisici più moderni e ormai accettati da tutta la comunità scientifica, Giove non possiede una crosta solida; il gas atmosferico diventa sempre più denso procedendo verso l'interno e gradualmente si converte in liquido, al quale si aggiunge una piccola percentuale di elio, ammoniaca, metano, zolfo, acido solfidrico ed altri composti in percentuale minore. La temperatura e la pressione all'interno di Giove aumentano costantemente man mano che si procede verso il nucleo.
Diagramma che illustra la struttura interna di Giove
Al nucleo del pianeta è spesso attribuita una natura rocciosa, ma la sua composizione dettagliata, così come le proprietà dei materiali che lo costituiscono e le temperature e le pressioni cui sono soggetti, e persino la sua stessa esistenza, sono ancora in gran parte oggetto di speculazione. Secondo i modelli, il nucleo, sarebbe costituito in prevalenza da carbonio e silicati, con temperature stimate sui 36 000 K e pressioni dell'ordine dei 4500 gigapascal (GPa).
La regione nucleare è circondata da un denso mantello di idrogeno liquido metallico, che si estende sino al 78% (circa i 2/3) del raggio del pianeta ed è sottoposto a temperature dell'ordine dei 10 000 K e pressioni dell'ordine dei 200 GPa. Al di sopra di esso si trova un cospicuo strato di idrogeno liquido e gassoso, che si estende sino a 1000 km dalla superficie e si fonde con le parti più interne dell'atmosfera del pianeta.
Vortici e la Grande Macchia Rossa
L'atmosfera di Giove ospita centinaia di vortici, strutture rotanti circolari che, come nell'atmosfera della Terra, possono essere divisi in due classi: cicloni ed anticicloni; i primi ruotano nel verso di rotazione del pianeta (antiorario nell'emisfero settentrionale ed orario in quello meridionale), mentre i secondi nel verso opposto. Una delle principali differenze con l'atmosfera terrestre è che su Giove gli anticicloni dominano numericamente sui cicloni, dal momento che il 90% dei vortici con un diametro superiore ai 2000 km sono anticicloni. La durata dei vortici varia da diversi giorni a centinaia di anni in base alle dimensioni: per esempio, la durata media di anticicloni con diametri compresi tra i 1000 ed i 6000 km è di 1–3 anni.
falsi colori
Il vortice sicuramente più noto è la Grande Macchia Rossa (GRS, dall'inglese Great Red Spot), una vasta tempesta anticiclonica posta 22º a sud dell'equatore del pianeta. La formazione presenta un aspetto ovale e ruota in senso antiorario con un periodo di circa 6 giorni. Le sue dimensioni, variabili, sono 24-40 000 km × 12-14 000 km: è quindi abbastanza grande da essere visibile già con telescopi amatoriali.Si tratta di una struttura svincolata da altre formazioni più profonde dell'atmosfera planetaria: le indagini infrarosse hanno mostrato che la tempesta è più fredda rispetto alle zone circostanti, segno che si trova più in alto rispetto ad esse: lo strato più alto di nubi della GRS infatti svetta di circa 8 km sugli strati circostanti. Anche prima che le sonde Voyager dimostrassero che si trattava di una tempesta, vi era già una forte evidenza che la Macchia fosse una struttura a sé stante, come d'altronde appariva dalla sua rotazione lungo il pianeta tutto sommato indipendente dal resto dell'atmosfera.
Alcune tempeste riprese dal telescopio spaziale Hubble: la Grande Macchia Rossa, l'Ovale BA (in basso a sinistra) e un'altra macchia rossastra di recente formazione; al di sotto di esse, due ovali biancastri simili a quelli da cui ebbe origine l'Ovale BA. NASA
La Macchia varia notevolmente di colore gradazione, passando dal rosso mattone al salmone pastello, e talvolta anche al bianco; non è ancora noto cosa determini la colorazione rossa della macchia. Alcune teorie, suffragate dai dati sperimentali, suggeriscono che possa essere causata dai medesimi cromofori, in quantità differenti, presenti nel resto dell'atmosfera gioviana.
Non è noto se i cambiamenti che la Macchia manifesta siano il risultato di normali fluttuazioni periodiche, né tantomeno per quanto ancora essa durerà; i modelli fisico-matematici suggeriscono però che la tempesta sia stabile e quindi possa costituire, al contrario di altre, una formazione permanente del pianeta.
Anelli
Giove possiede un debole sistema di anelli planetari, il terzo ad esser stato scoperto nel sistema solare, dopo quello di Saturno e quello di Urano. Fu osservato per la prima volta nel 1979 dalla sonda Voyager 1, ma fu analizzato più approfonditamente negli anni novanta dalla sonda Galileo e, a seguire, dal telescopio spaziale Hubble e dai più grandi telescopi di Terra.
Il sistema di anelli consiste principalmente di polveri, presumibilmente silicati. È suddiviso in quattro parti principali: un denso toro di particelle noto come anello di alone; una fascia relativamente brillante, ma eccezionalmente sottile nota come anello principale; due deboli fasce più esterne, detti anelli Gossamer (letteralmente garza), che prendono il nome dai satelliti il cui materiale superficiale ha dato origine a questi anelli: Amaltea (anello Gossamer di Amaltea) e Tebe (anello Gossamer di Tebe).
Satelliti
Giove è circondato da una nutrita schiera di satelliti naturali, i cui membri attualmente identificati sono 63, che lo rendono il pianeta con il più grande corteo di satelliti con orbite ragionevolmente sicure del sistema solare. Otto di questi sono definiti satelliti regolari e possiedono orbite prograde (ovvero, che orbitano nello stesso senso della rotazione di Giove), quasi circolari e poco inclinate rispetto al piano equatoriale del pianeta.La classe è suddivisa in due gruppi:
I quattro satelliti galileiani: Io, Europa, Ganimede, Callisto
Gruppo di Amaltea o interno, che costituisce il gruppo di satelliti più vicino al pianeta; ne fanno parte Metis, Adrastea, Amaltea e Tebe, che sono la sorgente delle polveri che vanno a formare il sistema di anelli del pianeta.
Gruppo principale o Satelliti medicei o galileiani; vi appartengono Io, Europa, Ganimede e Callisto e sono gli unici a presentare, in virtù della loro massa, una forma sferoidale.
Le restanti 54–55 lune sono annoverate tra i satelliti irregolari, le cui orbite, sia prograde sia retrograde (che orbitano in senso opposto rispetto al senso di rotazione di Giove), sono poste a una maggiore distanza dal pianeta madre e presentano alti valori di inclinazione ed eccentricità orbitale. Questi satelliti sono spesso considerati più che altro degli asteroidi (cui spesso assomigliano per dimensioni e composizione) catturati dalla grande gravità del gigante gassoso e frammentati a seguito di collisioni; di questi, tredici, scoperti tutti abbastanza recentemente, non hanno ancora ricevuto un nome, mentre altri quattordici attendono che la loro orbita sia precisamente determinata.Il numero preciso di satelliti non sarà mai quantificato esattamente, perché i frammenti ghiacciati che compongono i suoi anelli possono tecnicamente essere considerati tali; inoltre, a tutt'oggi, l'Unione Astronomica Internazionale non ha voluto porre con precisione una linea arbitraria di distinzione tra satelliti minori e grandi frammenti ghiacciati.
I nomi dei satelliti di Giove sono ispirati a quelli di amanti o figlie del dio romano Giove, o del suo equivalente greco, Zeus.
Storia delle osservazioni
Il pianeta, conosciuto sin dall'antichità, ha rivestito un ruolo preponderante nel credo religioso di numerose culture, tra cui i Babilonesi, i Greci e i Romani, che lo hanno identificato con il sovrano degli dei.
Il simbolo astronomico del pianeta (♃) è una rappresentazione stilizzata del fulmine, principale attributo di quella divinità.Una delle prime civiltà a studiare i moti di Giove, e più in generale di tutti i pianeti visibili ad occhio nudo (Mercurio, Venere, Marte, Giove per l'appunto e Saturno), fu quella assiro-babilonese. Gli astronomi di corte dei re babilonesi riuscirono a determinare con precisione il periodo sinodico del pianeta; inoltre, si servirono del suo moto attraverso la sfera celeste per delineare le costellazioni zodiacali. La scoperta negli archivi reali di Ninive di tavolette recanti precisi resoconti di osservazioni astronomiche e il frequente rinvenimento di parti di strumentazioni a probabile destinazione astronomica, come lenti di cristallo di rocca e tubi d'oro (datati al I millennio a.C.), indussero alcuni archeoastronomi ad ipotizzare che la civiltà assira fosse già in possesso di un "prototipo" di cannocchiale, con il quale si ritiene sia stato possibile osservare anche Giove.
Anche i cinesi, noti per la raffinatezza delle loro tecniche astronomiche, riuscirono a ricavare in maniera precisa i periodi sinodici ed orbitali dei pianeti visibili ad occhio nudo. Nel 1980 lo storico cinese Xi Zezong ha annunciato che Gan De, astronomo contemporaneo di Shi Shen, sarebbe riuscito ad osservare almeno uno dei satelliti di Giove già nel 362 a.C. a occhio nudo, presumibilmente Ganimede, schermando la vista del pianeta con un albero o qualcosa di analogo.
Galileo Galilei
Bisognerà però attendere il XVII secolo prima che l'esistenza dei satelliti di Giove venga appurata da Galileo Galilei, che, nel 1610, scoprì i quattro satelliti medicei: Io, Europa, Ganimede e Callisto; fu però Simon Marius, che si attribuì la paternità della scoperta dei satelliti, alimentando in questo modo una fiera diatriba con Galileo, a conferire nel 1614 i nomi mitologici attualmente in uso a ciascuno di essi.
Francesco Fontana
Nell'autunno del 1639 l'ottico napoletano Francesco Fontana, diffusore del telescopio a oculare convergente (kepleriano), testando un telescopio di 22 palmi di sua produzione scoprì le caratteristiche bande dell'atmosfera del pianeta.
Cassini, Borelli e Robert Hooke
Negli anni sessanta del XVII secolo l'astronomo Gian Domenico Cassini, scoprì la presenza di macchie sulla superficie di Giove e che il pianeta stesso ha la forma di uno sferoide oblato. L'astronomo riuscì poi a determinarne il periodo di rotazione, e nel 1690 scoprì che l'atmosfera è soggetta a una rotazione differenziale; egli è inoltre accreditato come lo scopritore, assieme, ma indipendentemente, a Robert Hooke, della Grande Macchia Rossa. Lo stesso Cassini, assieme a Giovanni Alfonso Borelli, stese precise relazioni sul movimento dei quattro satelliti galileiani, formulando dei modelli matematici che consentissero di prevederne le posizioni. Tuttavia nel trentennio 1670-1700, si osservò che, quando Giove si trova in un punto dell'orbita prossimo alla congiunzione col Sole, si registra nel transito dei satelliti un ritardo di circa 17 minuti rispetto al previsto.
Ole Rømer
L'astronomo danese Ole Rømer ipotizzò che la visione di Giove non fosse istantanea (conclusione che Cassini aveva precedentemente respinto) e che dunque la luce avesse una velocità finita (indicata con c).
Dopo due secoli privi di significative scoperte, il farmacista Heinrich Schwabe disegnò la prima carta completa di Giove, comprendente anche la Grande Macchia Rossa, e la pubblicò nel 1831.
Missioni spaziali
Sin dal 1973 numerose furono le sonde automatiche a visitare il pianeta gigante, sia come obiettivo di studio, sia come tappa intermedia, allo scopo di sfruttarne il grande effetto fionda gravitazionale per dirigersi nelle regioni più distanti del sistema solare.I viaggi in direzione di altri pianeti all'interno del sistema solare richiedono un grande dispendio energetico, che viene impiegato per provocare una netta variazione della velocità della sonda
A partire dal 1973 diverse sonde hanno compiuto dei sorvoli ravvicinati (fly-by) del pianeta. La prima sonda fu la Pioneer 10, che ha eseguito un fly-by di Giove nel dicembre del 1973, seguita dalla Pioneer 11 esattamente un anno più tardi. Le due sonde permisero di ottenere le prime immagini ravvicinate dell'atmosfera, delle nubi gioviane e di alcuni suoi satelliti, nonché la prima precisa misura del suo campo magnetico; scoprirono inoltre che la quantità di radiazioni in prossimità del pianeta era di gran lunga superiore a quella attesa.
L'ultima sonda, in ordine temporale, a raggiungere Giove è stata la New Horizons, che, diretta verso Plutone e gli oggetti della fascia di Kuiper, ha eseguito un fly-by del pianeta per sfruttarne la gravità; l'approccio più vicino è avvenuto il 28 febbraio 2007. I sensori della sonda all'uscita dall'orbita di Giove hanno misurato l'energia del plasma emesso dai vulcani di Io ed hanno studiato brevemente, ma in dettaglio, i quattro satelliti medicei, conducendo anche delle indagini a distanza dei satelliti più esterni Imalia ed Elara.
La sonda Galileo
Sino ad oggi l'unica sonda progettata appositamente per lo studio del pianeta è stata la Galileo, che entrò in orbita attorno a Giove il 7 dicembre del 1995 e vi permase per oltre 7 anni, compiendo sorvoli ravvicinati di tutti i satelliti galileiani e di Amaltea. Nel 1994, mentre giungeva verso il pianeta gigante, la sonda ha assistito all'impatto della cometa Shoemaker-Levy 9, riprendendo diverse immagini dell'evento.
Giove potrebbe ospitare la vita?
Nel 1953 un neolaureato, Stanley Miller, ed il suo professore, Harold Urey, realizzarono un esperimento che provò che molecole organiche si sarebbero potute formare spontaneamente sulla Terra primordiale a partire da precursori inorganici.
Stanley Miller al lavoro
In quello che è passato alla storia come "esperimento di Miller-Urey" si fece uso di una soluzione gassosa altamente riducente, contenente metano, ammoniaca, idrogeno e vapore acqueo, per formare, sotto l'esposizione di una scarica elettrica continua (che simulava i frequenti fulmini che dovevano squarciare i cieli della Terra primitiva), sostanze organiche complesse ed alcuni monomeri di macromolecole fondamentali per la vita, come gli amminoacidi delle proteine.
Poiché la composizione dell'atmosfera di Giove ricalca quella che doveva essere la composizione dell'atmosfera terrestre primordiale e al suo interno avvengono con una certa frequenza intensi fenomeni elettrici, lo stesso esperimento è stato replicato per verificarne le potenzialità nel generare le molecole che stanno alla base della vita. Tuttavia, la forte circolazione verticale dell'atmosfera gioviana porterebbe gli eventuali composti che si verrebbero a produrre nelle zone basse dell'atmosfera del pianeta; inoltre, le elevate temperature di queste regioni provocherebbero la decomposizione di queste molecole, impedendo in tal modo la formazione della vita così come la conosciamo.
Per queste ragioni, si ritiene altamente improbabile che su Giove vi possa essere vita simile a quella terrestre, anche in forme molto semplici come i procarioti, per via degli scarsi quantitativi d'acqua, per l'assenza di una superficie solida e per le altissime pressioni che si riscontrano nelle aree interne. Tuttavia nel 1976, prima delle missioni Voyager, si ipotizzava che nelle regioni più alte dell'atmosfera gioviana potessero evolversi delle forme di vita basate sull'ammoniaca e su altri composti dell'azoto; la congettura è stata formulata prendendo spunto dall'ecologia dei mari terrestri, in cui, a ridosso della superficie, si addensano semplici organismi fotosintetici, come il fitoplancton, subito al di sotto dei quali si trovano i pesci che si cibano di essi, e più in profondità i predatori marini che si nutrono dei pesci. I tre ipotetici equivalenti di questi organismi su Giove sono stati definiti da Sagan e Salpeter rispettivamente "galleggiatori", "sprofondatori" e "cacciatori" (in lingua inglese, floaters, sinkers ed hunters), e sono stati immaginati come delle creature simili a bolle di dimensioni gigantesche che si muovono propellendo l'elio atmosferico.
I dati forniti dalle due Voyager nel 1979 hanno confermato la non idoneità del gigante gassoso a supportare eventuali forme di vita.