Una stella luminosa quasi quanto la luna piena, capace di rischiarare a tal punto le notti del buio Medioevo da rendere possibile la lettura senza l’ausilio di candele. È il fenomeno incredibile, descritto con stupore e con molti dettagli, da testimoni oculari nel 1006. Un fenomeno reale, per quanto insolito, che solo ora la scienza può spiegare con esattezza.
A provocare quell’inusitato chiarore notturno, fu infatti una supernova, ribattezzata dagli astronomi SN 1006, dall’anno della sua spettacolare apparizione. Ma in seguito ad un nuovo studio, due ricercatori ipotizzano che non si verificò l’esplosione di una singola nana bianca, ma di due stelle binarie, collassate contemporaneamente. Un evento eccezionale che giustifica anche la luminosità tanto fuori dal comune.
La costellazione del Lupo
Il Lupo (in latino Lupus) è una costellazione meridionale, una delle 88 costellazioni moderne, nonché una delle 48 elencate da Tolomeo nel suo Almagesto; si trova tra il Centauro e lo Scorpione.
I resoconti storici raccontano che nel maggio del 1006 in cielo si manifestò qualcosa di molto strano. I monaci benedettini di un’abbazia svizzera, stupefatti da quella nuova stella apparsa nel firmamento, nella costellazione del Lupo -prossima a quella dello Scorpione- scrissero nei loro commentari che essa sembrava “a volta contrarsi, a volte espandersi e talora addirittura scomparire”. Probabilmente- spiegano oggi gli studiosi- un effetto dovuto alle condizioni atmosferiche.
Secondo alcune teorie, poi, si riferisce alla Super Nova 1006 anche il petroglifo realizzato dai Nativi Americani su un roccia dell’Arizona:
Il disegno mostrerebbe un sole accanto alla coda di uno Scorpione, rappresentazione simbolica della stella esplosa vicino a quella costellazione. Ma questa interpretazione è ancora oggetto di discussione tra gli esperti.
Storia e mitologia
Gli antichi Greci chiamarono questa costellazione, che rappresentava un animale selvaggio non meglio identificato, i Babilonesi conoscevano questa costellazione come UR-IDIM, che significa «cane selvaggio» mentre i Romani la chiamarono Bestia.
Di questa luce anomala parlano invece sicuramente le cronache orientali. Un astronomo cinese vissuto all’epoca osservò che i raggi emessi da questa stella illuminavano gli oggetti anche di notte. Il collega egiziano Ali ibn Ridwan suo contemporaneo lasciò scritto che “il cielo brillava” e che “l’intensità della luce era superiore ad un quarto di quella della luna piena e tre volte quella di Venere“.
L'astronomo Frank Winkler presso il Middlebury College del Vermont (Usa)
Proprio sulla base dell’accurata descrizione dello studioso arabo dell’XI secolo, nel 2003 Frank Winkler, astronomo presso il Middlebury College del Vermont, accertò matematicamente quale fosse l’esatta brillantezza di SN 1006. Infatti una supernova, originata dall’esplosione di una nana bianca, è classificata di tipo 1a ed emette una luminosità stardard, sempre uguale.
Ecco il motivo per cui le supernove sono utilizzate come “candele” per misurazioni astronomiche, ad esempio per calcolare la distanza della loro galassia ospitante o la velocità di espansione dell’Universo, proprio perchè la loro magnitudo apparente dipende solo dalla distanza in cui si trovano.
Combinando questi dati con le osservazioni del guscio di idrogeno ancora esistente attorno al luogo dell’esplosione, lo studioso ha concluso che si è trattato di un evento davvero eccezionale.
Ma qualcosa non tornava. Solitamente, le stelle come SN 1006 tendono a formare un sistema binario, formato da una nana bianca e da una stella normale. E solitamente quando la nana bianca, al termine del suo ciclo, esplode trasformandosi in supernova, l’altra stella invece sopravvive. In questo caso, però, non è andata così: non risulta nessuna stella compagna superstite.
“Abbiamo analizzato gli astri presenti in quest’area, prendendo in considerazione le distanze e la possibile contaminazione di elementi provenienti dalla supernova. Il risultato mostra che nessuna stella può essere considerata progenitrice di questa esplosione”, dicono i ricercatori dell’Università di Barcellona Pilar Ruiz-Lapuente e Jonay Gonzales Hernandez, autori dell’ultimo studio.
L'ultimo tenue filamento gassoso (tracciato in colore rosso) ancora osservabile della supernova SN 1006
I due astronomi hanno così concluso che l’evento tanto massivo e tanto sorprendente è stato conseguenza di una collisione o di una fusione di due nane bianche. Un simile accadimento avrebbe comunque causato l’esplosione della supernova, senza lasciare altra traccia se non il residuale gas bollente visibile oggi.
La fine, contemporanea, delle due stelle ha dunque prodotto quella straordinaria emissione di energia che ha dato spettacolo in tutto il mondo. Immaginiamo quanta impressione, forse anche quanta paura, possa aver suscitato negli osservatori dell’epoca, incapaci di capire con i loro strumenti interpretativi l’origine di quel fenomeno stupefacente. Ci sono voluti mille anni, per comprenderlo fino in fondo.
Articolo scritto da Sabrina Pieragostini
Fonte:http://www.extremamente.it
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