Lo Shuttle non volerà più. È la fine di un sogno che ha affascinato i bambini per mezzo secolo. E a un astronauta disperato non rimane che il suicidio. Le ironiche fotografie di Neil DaCosta. >(Tutte le foto sono di proprietà di Neil DaCosta)
Dopo l'ultimo volo effettuato a luglio dalla navicella Atlantis, gli Space Shuttle vanno in pensione per sempre, lasciando a terra un vasto equipaggio di astronauti. L'idea di non poter mai più tornare a volare tra le stelle deve essere una brutta ossessione per questi avventurieri del Cosmo, tanto da indurli a commettere il suicidio. Almeno così ha immaginato Neil DaCosta, fotografo di Portland che, insieme all'art director Sara Phillips, ha realizzato il progetto artistico Astronaut Suicides. Il book è un condensato di humor nero che racconta in 14 scatti la tragica fine di un astronauta rimasto senza lavoro e voglia di vivere. Un viaggio a braccetto con la morte che unisce il destino dell'astronauta a quello del disoccupato cui la vita ha voltato le spalle. DaCosta e Phillips hanno immaginato così il tramonto di un' icona del Ventesimo secolo, distrutta a colpi di quotidianità e desolazione.
Non c'è niente da meravigliarsi. Quella degli Shuttle è stata una fine annunciata già da parecchio tempo, soprattutto a causa degli ingenti tagli di bilancio che hanno costretto la Nasa ad abbandonare il programma al suo 30° anno di età. Il colpo di grazia, poi, lo ha dato il presidente Obama, che a febbraio 2010 ha tenuto un discorso in cui immaginava un futuro tecnologicamente diverso per le missioni spaziali.
Cosa resta da fare all'eroe del Cosmo se non cercare la morte in ogni angolo della casa? Le foto scattate da DaCosta sfidano ogni tabù e puntano dritte ai nervi scoperti della società americana. Le scene, guarda a caso, sono state ricostruite nella cornice di Portland, la città in cui prendono vita alcune delle storie grottesche narrate da Chuck Palahniuk. Il gas di scarico che intossica il cosmonauta nella vecchia berlina ricorda quasi le atmosfere ciniche e spietate che si respirano nei libri dell'autore di Fight Club.
“Volevamo rendere il concetto della fine di un'era”, racconta Phillips su Wired.com: “La figura dell'astronauta risulta molto incongrua per le situazioni in cui si trova, tanto da risultare magnetica e tragicomica al tempo stesso. Speriamo possa incoraggiare i giovani a porsi delle domande”.