Nelle osservazioni delle isole stellari c’era il dubbio che qualcuna sfuggisse al conto. Il dubbio era legittimo perché ora con il telescopio VLT dell’Eso, in Cile, si è addirittura scoperto che il 90% delle galassie lontane non si riesce a vedere.
Nella caccia si cercava di rilevare la luce emessa dall’idrogeno che gli astrofisici chiamano “riga Lyman-alfa”. Adesso si è visto che la radiazione viene intrappolata dalle galassie più remote al 90% e quindi da Terra non si scorgono. Con questa valutazione precisa si dovranno rifare i conti, scrivono gli autori sulla rivista Nature, e il cielo risulterà più affollato.Sempre su Nature si racconta che gli scienziati della Durham University britannica scrutando, sempre con i telescopi in Cile, quattro regioni della galassia “SMM J2135-0102” hanno trovato che ciascuna di esse è cento volte più luminosa della nostra galassia Via Lattea ai confini della quale noi abitiamo. Tuttavia, mentre rimane misterioso il motivo per cui le stelle di queste zone si formino tanto rapidamente, gli studiosi sono d’accordo nel dire che gli astri si formavano in maniera più efficiente quando l’universo era più giovane rispetto ad oggi.Allora, insomma, tutto accadeva più rapidamente.
Infine su Science un gruppo di astrofisici di varie università americane, da Harvard a Tucson, indagando l’evoluzione misteriosa dei Quasar (“Quasi stelle” lontanissime che emettono segnali radio) hanno costruito un modello teorico che cerca di dare una risposta.
Essi suggeriscono che essi nascano dalla collisione di due gigantesche galassie ricche di gas accendendo quel processo di accrezione al centro dello scontro (dove si ritiene si formi un buco nero) e rilevato grazie all’emissione di radiazione X . Ma la conclusione finisce con un punto di domanda. Sarà questa la vera origine?