Una nuova popolazione di batteri è stata scoperta in una grotta incontaminata del New Mexico risalente a 4 milioni di anni fa. Alcuni ceppi resistono anche ai più recenti farmaci antibiotici.
Nelle profondità di una grotta incontaminata del New Mexico, alcuni microbiologi hanno scoperto un centinaio di batteri resistenti anche ai più recenti farmaci antibiotici.
Questi nuovi ceppi di batteri, che fino ad ora non erano mai entrati in contatto con esseri umani o farmaci moderni, ricoprono le pareti del sistema di gallerie sotterranee di Lechuguilla, che si snoda a più di 400 di metri di profondità. Una spessa coltre di roccia tra i i 4 e i 7 milioni di anni fa ha infatti sigillato la cavità isolandola da ogni contatto esterno, e l’acqua impiega circa 10 mila anni per raggiungere la base della grotta.
Sebbene non siano patogeni, questi batteri hanno dimostrato di essere resistenti ad un ampio spettro di farmaci antibiotici. Questa scoperta potrebbe quindi offrire nuove prospettive per la comprensione dei meccanismi di sviluppo della resistenza agli antibiotici. “I medici si pongono questo problema da molto tempo. Quando viene introdotto un nuovo antibiotico, inevitabilmente si sviluppa una resistenza al farmaco nel giro di mesi o anni”, spiega uno degli autori della ricerca Gerry Wright, microbiologo della McMaster University (Ontario, Canada). “ Ma da dove arriva questa resistenza? Fino ad ora nessuno aveva ancora pensato di studiare i batteri che non causano malattie nell’uomo”.
Superbatteri in crescita
Il sistema di grotte e gallerie di Lechiguilla è uno dei più profondi ed estesi del New Mexico, e con i suoi 290 km di gallerie mappate è la settima grotta più estesa del pianeta. Nel 1984 gli speleologi iniziarono a scavare tra le macerie di un vecchio pozzo minerario, riuscendo a individuare l’ingresso della grotta, e nel nel 1986 svelarono finalmente uno degli ultimi ambienti vergini della Terra.
Il National Park Service degli Stati Uniti limita rigorosamente gli ingressi nella grotta, ma nel 2008 ha acconsentito che Hazel Barton, microbiologa della Northern Kentucky University vi prelevasse alcuni campioni di batteri. “Hazel ha potuto prelevare i suoi campioni in aree che non sono mai state toccate da nessun essere umano. La grotta è talmente incontaminata che si può veder esattamente dove le persone sono passate. Bisogna fare un grosso sforzo di immaginazione per pensare che questi luoghi siano entrati in contatto qualcosa di esterno”, ha spiegato Wright.
I campioni di biofilm (patina di microrganismi) prelevati da Barton sono stati poi studiati per tre anni dal team di Wright, alla ricerca di un qualsiasi segno di resistenza antibiotica.
I cosiddetti “superbatteri”, i batteri patogeni che sviluppano una resistenza agli antibiotici, sono sempre di più e normalmente compaiono negli ospedali e negli allevamenti, dove l’uso di antibiotici è largamente diffuso. In questi ambienti, infatti, una forte pressione evolutiva spinge i microbi a sviluppare molto rapidamente la resistenze ai farmaci. Ma è il modo in cui ciò avviene che è frustrante, spiega Wright, visto che secondo alcuni studi sarebbero stati necessari migliaia o addirittura milioni di anni affinché i geni che regolano la resistenza agli antibiotici potessero emergere. Il modo con cui i batteri si scambiano materiale genetico in natura potrebbe però risolvere il paradosso. Molti microbiologi sospettano, infatti, che i batteri non patogeni non siano altro che un vasto bacino dal quale provengono i geni della resistenza agli antibiotici che vengono trasmessi ai batteri patogeni: “Al momento questa è solo una tesi, cioè che questi organismi benigni siano in realtà alla base delle resistenze ai farmaci. Ne esistono così tanti, che i geni si possono muovere orizzontalmente nelle diverse popolazioni batteriche attraverso la riproduzione sessuale, o da virus o per assorbimento degli scarti genetici”.
I geni della resistenza
La scoperta si basa su uno studio precedente condotto sempre da Wright, che aveva scoperto batteri resistenti ai farmaci in suoli antichissimi, in suoli moderni e addirittura nel permafrost (suolo perennemente ghiacciato). Questi ritrovamenti avevano incuriosito anche gli scettici, ma Wright ha comunque voluto cercare altre prove e “le ha trovate in questi grotte vergini”, ha commentato Julian Davis, microbiologo della Columbia University che non ha partecipato alla ricerca.
Il team di Wright è riuscito a coltivare cinquecento diversi tipi di batteri provenienti dalle grotte di Lechuguilla, ma solo novantatre sono cresciuti in un particolare terreno di coltura che ha consentito di testare la loro resistenza a ventisei diversi agenti antimicrobici. E di questi novantatre, circa il settanta per cento ha resistito a tre o anche quattro classi di antibiotici. Tre ceppi batterici, lontani parenti del batterio che causa l’antrace, si sono rivelati resistenti a ben quattordici antibiotici su ventisei.
"Sinceramente non mi aspettavo di vedere la grande diversità di geni che combattono tutti questi composti antimicrobici," ha detto Wright.
È nato prima l’antibiotico o la resistenza?
Davies fa notare però che i risultati ottenuti dal gruppo guidato da Wright potrebbero anche essere solo un caso fortuito ottenuto dall’attività di geni che potrebbero anche non essere destinati alla resistenza ai farmaci. “Questa ricerca ci dimostra che i geni della resistenza sono molto antichi, ma non ci spiega in che modo riescono a entrare in un ospedale”.
Stuart Levy, medico e microbiologo presso la Tufts Medical School, ha detto che lo studio di Wright potrebbe ora aiutare i ricercatori a comprendere meglio le origini della resistenza agli antibiotici, ma ha anche concordato con quanto sostenuto da Davies. "È la resistenza che fornisce una protezione aggiuntiva agli organismi che vivono nella grotta? Potrebbe essere qualcosa che somiglia alla resistenza agli antibiotici, ma che in realtà è altro", ha detto Levy. "È un po’ come chiedersi se è nato prima l'uovo o la gallina. Gli antibiotici si sono originati dai microbi là nella grotta e poi si è sviluppata la resistenza, o è stato il contrario?” Infatti si può anche pensare che i batteri della grotta abbiano spontaneamente dato origine a degli antibiotici naturali attraverso una sorta di “guerra biologica” per la competizione.
E fino a che non saranno studiati i geni dei nuovi ceppi batterici o non verranno ritrovati antibiotici naturali nella grotta, i risultati dello studio dovrebbe comunque mettere in allerta i medici, ha detto Wright.
“Immaginiamo che io sia un’azienda farmaceutica che sta per investire milioni di dollari nella ricerca di un nuovo antibiotico: forse dovrei prima controllare che non ci sia la possibilità che un patogeno possa diventare resistente, dando un occhio anche ai microbi che si trovano fuori dagli ospedali”, ha concluso Wright.
La ricerca sui superbatteri è pubblicato su PLoS ONE
Fonte nationalgeographic