Scoperto in un campione di roccia meteoritica, secondo i ricercatori che l'hanno individuato si sarebbe formato "in condizioni astrofisiche". Finora i soli materiali che mostravano questa singolare struttura aperiodica - il cui scopritore è stato insignito del Nobel nel 2011 - erano di origine sintetica.
La scoperta indica che nel sistema solare primordiale dovevano essere in atto processi finora insospettati. Lo studio sul campione custodito al Museo di scienze Naturali di Firenze e pubblicato su Pnas, dimostrerebbe che si tratta di un nuovo tipo di corpo extraterrestre, risalente a circa 4,5 miliardi di anni fa. Lo hanno scoperto, spiega l'Ateneo, alcuni componenti del gruppo internazionale di ricerca che aveva individuato questo minerale nel 2009, fra cui Luca Bindi, associato di mineralogia presso il dipartimento di scienze della terra di Firenze, che ora firma come primo autore un articolo pubblicato sulla rivista Pnas. Il campione fiorentino potrebbe rappresentare un nuovo tipo di corpo extraterrestre, databile a circa 4,5 miliardi di anni fa, contemporaneo alla formazione del sistema solare.
I quasicristalli sono stati trovati all'interno di grani di stishovite, che si forma in condizioni di pressione e temperature molto alte, superiori rispettivamente ai 10 gigapascal e ai 1500 kelvin, che possono determinarsi in un impatto estremamente veloce o nelle profondità del mantello terrestre. Per distinguere fra le due possibilità, i ricercatori hanno eseguito sui loro campioni analisi di spettroscopia di massa con la determinazione degli isotopi dell'ossigeno, tipicamente diversi nelle rocce di origine meteoritica e terrestre, analisi che hanno portato a concludere che si tratta, con elevata probabilità, di una roccia di origine extraterrestre.
Il campione esaminato mostra peraltro alcune caratteristiche peculiari: "Uno dei molti enigmi presentati dal nostro campione è la presenza di alluminio metallico, che anche in leghe richiede per formarsi condizioni fortemente riducenti. L'alluminio metallico non è mai stato rilevato neppure in traccia all'interno di condriti enstatiti e acondriti (aubriti)", ossia nelle usuali rocce di origine meteoritica. Per questo, concludono gli autori: "E' chiaro che questo frammento meteoritico non è ordinario. Risolvere i notevoli enigmi posti da questo campione potrà non solo chiarire ulteriormente l'origine della fase di quasicristallo, ma anche far luce su processi avvenuti nel sistema solare primordiale finora inosservati".
La scoperta è importantissima non solo per le discipline mineralogiche e cristallografiche, ma anche per la fisica dello stato solido. Essa dimostra infatti che i quasicristalli possono formarsi spontaneamente in natura e, soprattutto, rimanere stabili per tempi geologici.