Quando si parla di missioni lunari, complottisti e ufologi si dividono in due grandi categorie: quelli che ritengono che l’uomo non è mai stato sulla Luna, e quelli che credono in missioni segrete dove gli astronauti sono entrati in contatto con civiltà aliene che utilizzava il nostro satellite come base operativa.
ALIENI - I primi, i sostenitori della finzione cinematografica, affermano che la storiella degli incontri con gli alieni è stata diffusa allo scopo di avallare la veridicità delle missioni. I secondi, i sostenitori del contatto, affermano che la storiella della finzione cinematografica è stata diffusa allo scopo di nascondere l’incontro con la civiltà extra-terrestre. Dato che la diatriba riguarda le missioni Apollo che hanno raggiunto la Luna, quindi dall’Apollo 11 all’Apollo 17, con eccezione della missione 13 che rientrò a causa di problemi tecnici (con il completamento della missione 17 il programma fu chiuso), qualcuno ha pensato bene di superare l’intera questione e proporre una nuova grande rivelazione, che riguarda direttamente la missione Apollo 20.
Una missione che ufficialmente non è mai esistita, per cui la sua storia si può modellare a piacimento. A parlarne è un certo William Rutledge, sedicente astronauta membro dell’equipaggio della misteriosa missione, composto dalla scienziata Leona Snyder e dal cosmonauta sovietico Alexei Leonov. I primi due nomi non risultano negli elenchi (ufficiali, s’intende) degli astronauti americani mentre Leonov è un noto cosmonauta russo. Rutledge spiega nel corso delle missioni Apollo fu fotografato, sul lato nascosto della Luna, il relitto di una grossa astronave aliena.
La scoperta portò all’interruzione del programma Apollo, sostituito da una missione congiunta segretissima, russo-americana, finalizzata a recuperare l’astronave. La missione partì nell’agosto 1976, il razzo americano fu lanciato dalla base militare di Vandenberg. All’interno dell’astronave aliena, precipitata sulla Luna circa un miliardo e mezzo di anni addietro, la spedizione recuperò il corpo di un’aliena in stato di ibernazione e vari equipaggiamenti.
Non potendo recuperare l’astronave (lunga vari chilometri) fu deciso di distruggerla con alcune cariche nucleari. Il sedicente Rutledge ha condito la sua storia con una gran quantità di immagini e di video. C’è perfino il patch della missione, che mostra due moduli del sistema Apollo che sollevano (con un paio di funi) un’astronave a forma di pesce, e ci sono le immagini dell’astronave ritratta in foto ufficiali della NASA e quelle dell’aliena recuperata.
EPPURE - Tutto molto avvincente, quanto inattendibile, ma la storiella continua a circolare su Internet con immagini e filmati sparsi un po’ ovunque ed è ormai entrata fra i miti e leggende che circondano le missioni Apollo. Innanzitutto è impossibile pensare di mettere a punto una missione del genere in segreto: la sua organizzazione richiederebbe la partecipazione di migliaia di persone a ogni livello, dalle officine che avrebbero costruito il missile e la navicella, al personale impegnato nel calcolo e nella pianificazione, per finire a quello predisposto ai centri di controllo e comunicazione. Per non parlare di ciò che sarebbe necessario allestire per il ricovero dei resti rinvenuti e per l’utilizzo delle non meglio specificate cariche nucleari impiegate per la distruzione dell’astronave aliena.
L’idea di recuperare un’astronave così grande utilizzando gli elementi delle missioni Apollo, poi, è tecnicamente irrealizzabile. Le navicelle Apollo potevano trasportare solo tre astronauti, e solo due di essi potevano essere allunati. I margini di peso e di volume disponibili erano così bassi che dalla Luna sono stati portati sulla Terra solo una manciata di polvere e sassi. Anche il trasporto di testate nucleari e di un corpo “ibernato” sarebbe stato impossibile. Le immagini del lancio del presunto vettore di Apollo 20, diffuse per corroborare la storiella di Rutledge, riprendevano in realtà il lancio di un missile Saturn V, il modello usato nelle missioni Apollo, ed erano opportunamente artefatte e sgranate per impedire l’identificazione della missione.
Infatti ogni razzo Saturn V era verniciato con combinazioni di grafiche geometriche differenti per ciascuna missione. Nonostante tutte queste prove che smontavano la veridicità della storia di Apollo 20, le presunte rivelazioni di Rutledge sono state prese per buone da qualche giornalista e il racconto è finito anche in televisione. In Italia è stato oggetto di un servizio di Mistero, il programma condotto da Enrico Ruggeri su Italia Uno. L’ultimo e definitivo macigno sull’intera vicenda è arrivato dal Centro Ufologico Nazionale, comunità di appassionati ufologi che solitamente tende a essere possibilista su questi argomenti.
Da un’analisi attenta dei video rilasciati dal sedicente Rutledge, quelli del CUN hanno scoperto che la famosa astronave aliena era solo un modellino sospeso con un bel mollone. Caso chiuso, quindi. Fortuna che c’era il mollone, aggiungiamo noi: se gli autori della contraffazione fossero stati più attenti e lo pseudo astronauta Rutledge fosse stato più accorto nel raccontare una storia che fosse almeno tecnicamente compatibile con gli equipaggiamenti disponibili negli anni settanta, probabilmente la leggenda dell’Apollo 20 sarebbe continuata ancora a lungo.
Crediti: Giornalettismo