La cultura di Vinča fu una cultura preistorica che si sviluppò nella penisola Balcanica tra il VI e il III millennio a.C.
Nel VI millennio a.C. questa cultura occupava una zona delimitata dai Carpazi a nord, dalla Bosnia a ovest, dalla pianura di Sofia a est e dalla valle di Skoplje a sud. La cultura toccò il corso del Danubio, nelle attuali Serbia, Romania, Bulgaria, e Macedonia.
Scoperta
La cultura di Vinča deriva il suo nome dal villaggio di Vinča, situato sulle rive del Danubio, 14 chilometri più a valle di Belgrado, ove venne rinvenuto il più grande insediamento neolitico in Europa. La scoperta avvenne nel 1908, ad opera di un gruppo di archeologi guidato da Miloje M. Vasić, il primo archeologo professionista della Serbia.
L'archeologo Miloje M. Vasić
Grazie all'impegno di Vasić, il sito preistorico di Vinča fu esplorato nelle sue parti più importanti tra il 1918 e 1934. Gli scavi vennero interrotti dalla guerra e da problemi finanziari, ma, con l'aiuto dell'"Istituto archeologico della Russia imperiale" e di sir Charles Hyde, Vasić riusci a rinvenire una grande quantità di manufatti ora sparsi nei musei di tutto il mondo. Lo scavo fu visitato da numerosi eminenti studiosi del tempo: Veselin Čajkanović, Charles Hyde, John Linton Myres, W.A. Hurtley, Bogdan Popović e Gordon Childe.
Nuove campagne di scavo, sotto gli auspici dell'Accademia delle scienze serba, hanno avuto inizio nel 1978, dirette da Nikola Tasic, Gordana Vujovic, Milutin Garasanin e Srejovic Dragoslav.
Architettura
Gli insediamenti appartenenti alla cultura di Starčevo, rinvenuti negli strati più profondi e antichi di Vinča, erano composti da capanne di fango in cui le persone vivevano e e dove venivano sepolte dopo la loro morte.
Durante il periodo Vinča, la case erano divenute più complesse, con diverse camere separate da divisori realizzati in legno rivestito di fango. Queste abitazioni erano rivolte verso nord-est e sud-ovest ed erano separate da strade.
Economia
Oltre all'agricoltura e all'allevamento di animali domestici, le genti neolitiche di Vinča praticarono anche la caccia e la pesca. Gli animali domestici più frequenti furono i bovini, ma furono allevati anche i più piccoli caprini, ovini e suini. Venivano coltivati grano, farro e orzo.
Un surplus di prodotti permise lo sviluppo di scambi commerciali con regioni vicine, per l'approvvigionamento di sale, ossidiana e conchiglie ornamentali.
L'ossidiana è un vetro vulcanico composto per il 75% da biossido di silicio che si forma per il rapido raffreddamento di rocce effusive di tipo acido. Il litotipo si trova associate a colate con chimismo da riolitico a basaltico.
La produzione locale di ceramica raggiunse un elevato livello artistico e tecnologico. Sono presenti oggetti in osso, corno e pietra.
A Bele Vode e Rudna Glava in Serbia orientale estrassero il rame, che inizialmente utilizzarono solo per oggetti decorativi.
Cultura
I recenti scavi effettuati presso il sito di 120 ettari di Pločnik hanno gettato una notevole luce sulla cultura Vinča.
L'insediamento di Pločnik fiorì dal 5500 a.C. fino a quando non fu distrutto da un incendio nel 4700 a.C.
Gli studi suggeriscono un'avanzata organizzazione e divisione del lavoro. Le case avevano stufe e cavità appositamente scavate per i rifiuti e i morti venivano sepolti in apposite necropoli. Le persone dormivano su stuoie di lana e pellicce e utilizzavano abiti di lana, di lino e di pelle.
Sono state rinvenute statuette che raffigurano non solo divinità, ma anche la vita quotidiana degli abitanti.
Alcune produzioni in ceramica più grezze sembrano essere state realizzate da bambini. Un pozzo di acqua calda rinvenuto vicino all'insediamento potrebbe rappresentare la prima stazione termale dell'Europa.
La datazione preliminare di un forno di fusione per il rame a Pločnik sembrerebbe risalire al 5500 a.C. e indicherebbe dunque un inizio in Europa dell'età del rame almeno 500 anni prima di quello che si riteneva. Il forno presenta inoltre una costruzione molto avanzata, con fori di ventilazione che permettevano di alimentare il fuoco e un camino per l'esplulsione dei fumi lontano dai lavoratori. Questo tipo di struttura è un unicum, in quanto gli altri forni utilizzato per l'estrazione del rame in altri siti non appartenenti a questa cultura, erano generalmente più primitivi.
Scrittura
La scrittura Vinča, nota anche come Alfabeto Vinča o scrittura Vinča-Turdaş sono un insieme di caratteri trovati su alcuni manufatti preistorici provenienti dall'Europa sud-orientale. Alcuni studiosi sostengono che si tratti del primo esempio di scrittura appartenente alla cultura di Vinča, sviluppatasi lungo il corso del Danubio tra il VI e il III millennio a.C. Secondo la maggior parte degli studiosi, tuttavia, essi non possono rappresentare un sistema di scrittura data l'eccessiva ripetizione di alcuni simboli e la eccessiva brevità delle successioni di carattere, sostenendo quindi che la prima vera testimonianza di scrittura rimane la scrittura cuneiforme.
I simboli Vinča possono essere classificati come un sistema di protoscrittura
Secondo la maggioranza degli esperti i simboli Vinča possono essere classificati come un sistema di protoscrittura, ovvero come un sistema di simboli che rimandano ad un concetto, ma non di scrittura vera e propria.
La scoperta di questo sistema simbolico risale al 1875 durante alcuni scavi archeologici eseguiti con la sovrintendenza dell'archeologa ungherese Zsófia Torma presso la località rumena di Turdaş nel distretto di Hunedoara, dove vennero alla luce alcuni manufatti di terracotta contenenti alcuni simboli fino ad allora sconosciuti. Reperti molto simili vennero trovati nel 1908 nei pressi di Vinča, una località nelle prossimità di Belgrado, in Serbia a circa 120 km dal primo ritrovamento. Successivamente altri reperti della stessa natura furono trovati nei pressi di Banjica, un altro sobborgo di Belgrado.
Questo sistema simbolico venne messo in relazione alle tavolette di Tǎrtǎria, ritrovate durante gli scavi dell'archeologo Nicolae Vlassa nel 1961 nei pressi di Săliştea in Romania. Secondo la datazione al carbonio dei reperti, questi risalirebbero a circa al IV millennio a.C., ovvero 1.300 anni prima della scrittura cuneiforme. Da queste prime scoperte sono stati trovati circa un migliaio di reperti della stessa natura, in diversi siti disseminati lungo tutto l'arco dei Balcani, in particolare in Grecia, Bulgaria, Romania, Ungheria orientale, Moldavia e Ucraina meridionale.
L'importanza di questi simboli consiste nel fatto che essi risalirebbero al IV millennio a.C.
Gran parte dei simboli sono incisi su vasellame di terracotta, insieme a piccole statuette ed altri manufatti di altra natura. Gran parte delle iscrizioni, circa l'85%, sono composte da singoli simboli. Essi sono in gran parte simboli astratti mentre altri sono zoomorfi.
L'importanza di questi simboli consiste nel fatto che essi risalirebbero al IV millennio a.C. ovvero sarebbero una scrittura molto precedente a quella ritrovata ad Uruk. L'analisi di questi simboli ha mostrato una forte differenziazione rispetto alle scritture del Medio Oriente e i risultati portano ad ipotizzare che questi due sistemi si siano sviluppati nel tempo in maniera indipendente e separata. Esistono tuttavia delle analogie con altre iscrizioni e simboli trovati altrove, sempre risalenti al neolitico, come in Egitto, Creta e persino la lontana Cina.
La natura e lo scopo di questi simboli rimangono tuttora immerse nel più profondo mistero. Non è infatti chiaro se essi siano stati prodotti con lo scopo di esprimere un linguaggio specifico, o se essi siano una sorta di alfabeto, sillabario o altro del genere. Sebbene siano stati fatti numerosi tentativi di decifrare i simboli non esiste tuttavia una traduzione plausibile del loro significato.
Tavolette di Tǎrtǎria
Le tavolette di Tǎrtǎria sono tre reperti archeologici rinvenuti a Săliştea, in Romania. Esse recano incisi dei simboli che sono stati oggetto di notevoli controversie tra gli archeologi, alcuni dei quali sostengono essere trattarsi della prima forma conosciuta di scrittura al mondo.
Le tavolette sono generalmente associate alla Cultura Vinča
Le tavolette sono generalmente associate alla Cultura Vinča, che all'epoca della scoperta era ritenuta dagli archeologi rumeni e serbi risalente al 2.700 a.C. Vlassa interpretò la tavoletta senza foro come una scena di caccia e le altre due come testimoni di una scrittura primitiva simile ai primi simboli utilizzati dai Sumeri. La scoperta suscitò un grande interesse nel mondo archeologico in quanto i segni erano precedenti alla Lineare A, la prima scrittura minoica, la più antica conosciuta in Europa. È stato suggerito da alcuni che i simboli indichino una sorta di collegamento tra l'Europa sud-orientale e i Sumeri.
Tuttavia, le successive datazioni al radiocarbonio su i reperti di Tărtăria hanno retrodatato gli oggetti al 5.500 a.C. (e quindi tutta la cultura Vinča era più antica), lo stesso periodo dei primi insediamenti a Eridu (questa affermazione, comunque, non è da tutti accettata per evidenti contraddizioni nella stratigrafia del sito).
Se i simboli fossero di fatto una forma di scrittura, questa sarebbe di gran lunga anteriore alla più antica scrittura sumera o egizia, divenendo di fatto la più antica conosciuta al mondo.
Vita spirituale
È stato rinvenuto un gran numero di oggetti di culto (statuette, piatti sacrificali, antropomorfi e zoomorfi), la cui forma venne influenzata dalle tradizioni precedenti, oltre che dai contatti con i vicini popoli e le loro credenze.
Le statuette antropomorfe ebbero grande importanza nella spiritualità di queste genti, tanto che loro numero (oltre 1000 esempi solo a Vinča) supera il quantitativo totale di figurine scoperte nel Mar Egeo greco.
Declino
Durante la metà del IV millennio a.C., l'intera regione della cultura di Vinča subì una stagnazione, seguita da una profonda crisi e un declino culturale ed economico.
Fonte principale (clicca qui) Fonte Scrittura Vinča (clicca qui) Fonte Tavolette di Tǎrtǎria (clicca qui)
Bibliografia
Shann M. M. Winn, Pre-Writing in Southeastern Europe: The Sign System of the Vinca Culture CA. 4000 B. C. in American Journal of Archaeology, Vol. 88, No. 1 (Gen., 1984)