«Il 21 dicembre 2012? Una coincidenza numerologica. Ma davanti a tanti misteri veri che la scienza tenta di spiegare, si può perdere tempo con profezie deliranti?». In questo articolo, comparso su ustation, il matematio piemontese è tranchant e spiega perchè il mondo non finirà il con la profezia Maya.
Professore Odifreddi, lei ha scritto la prefazione del libro di Cecchi Paone Manuale contro la fine del mondo. Si può davvero credere alla “profezia” dei Maya?
«Penso che il 20 dicembre 2012 possa essere tutt’al più una data di interesse numerologico, così come lo poteva essere l’11/11/2011. è singolare pensare a coincidenze numeriche tra il nostro calendario giuliano e quello di una civiltà che non ne aveva nessuna conoscenza e che ne usava uno completamente diverso. D’altra parte, la sovrapposizione delle date “funziona” soltanto in Occidente: se prendiamo il calendario israeliano o quello degli arabi o quello dei paesi buddisti, le coincidenze vanno a farsi benedire».
Quando è venuta fuori questa notizia che ha pensato? La “solita bufala”?
«Ma sì. In fondo la numerologia è un po’ la matematica dei poveri di spirito. Usa la matematica elementare in modo para-scientifico. Ci sono personaggi che ci marciano».
Si ricorderà anche del famigerato e temuto capodanno del Duemila. Da dove nascono queste date catastrofiche?
«Sono un po’ come dei virus della mente. In genere sono i media che fomentano queste cose, basterebbe non parlarne e non esisterebbero. Ma i media sanno che c’è un interesse quasi morboso su questi temi. Per esempio, indipendentemente dal Y2K o dal 2012, le profezie di Nostradamus sono delle cose deliranti, eppure sono usate per continuare a rimestare nel torbido e solleticare gli interessi della gente per i segreti e per i misteri. Ma dico, con tutti i veri misteri che ci sono e che la scienza tenta di spiegare, possibile che la gente si accontenti di questi pseudo misteri?».
Il calendario Maya computa dei cicli temporali, che segnano la fine di ere storiche. In fondo i cicli sono un elemento presenti nella storia, nell’economia, nell’astronomia…
«Soprattutto nell’astronomia. Il movimento della terra, della luna, le stagioni, tutto è ciclico. Se consideriamo i pianeti, per esempio, ognuno gira intorno al sole con un suo anno. Se moltiplichiamo, facendo il minimo comune multiplo, i periodi in cui ogni pianeta compie il suo moto di rivoluzione intorno al sole, possiamo calcolare il ciclo temporale che ci permetterà di vederli allineati.
La stessa cosa facevano i Maya. Non sorprende che gli antichi calcolassero dei periodi ciclici e che ci fosse una data corrispondente alla fine di un ciclo e all’inizio di un altro. Non c’è niente di superstizioso».
Ma per la scienza la fine del mondo prima o poi ci sarà?
«Dipende da cosa intendiamo per mondo. Se intendiamo la terra o il sole, sappiamo che prima o poi accadrà. Sia la terra sia il sistema solare finiranno per “esaurimento del carburante”, visto che il sole è una stella che brucia per così dire “carburante”. Se invece consideriamo come mondo l’universo intero non è mica chiaro se finirà. Le teorie attuali partono dal presupposto del big bang e prevedono tre possibili evoluzioni: la prima è che l’universo si espanda sino a una certa dimensione, poi si fermi e si contragga sino al big crunch, la grande implosione. Gli altri due modelli non prevedono invece una fine: nel primo caso l’espansione rallenta sempre più e tende a zero; nell’altro caso rallenta ma non si ferma mai. Quindi, che l’universo finisca non è detto. Certo... a noi uomini forse interessa poco».
E se intendessimo come “fine” la fine dell’ecosistema terrestre che conosciamo?
«Beh, per quella non c’è bisogno di aspettare la fine del sistema solare. E poi c’è già stata in passato. Per esempio, la “catastrofe dell’ossigeno”, quattro miliardi di anni fa. L’atmosfera aveva pochissimo ossigeno e sulla terra vivevano molti organismi anaerobici. Con l’ossigeno prodotto dai primi organismi fotosensibili come le piante, l’atmosfera cambiò e molti microrganismi anaerobici morirono o si riadattarono a vivere in ambienti senza ossigeno. Quindi non è da escludere che la natura faccia qualcosa di simile, che ci sia un mutamento, una “catastrofe” ecologica che cambi gli equilibri. Certamente l’uomo le sta dando una mano in questa direzione! Ma bisogna considerare il punto di vista. La natura e la terra farebbero il loro corso anche se l’uomo non ci fosse più».
Prof, allora tranquillizziamo tutti.
«Ma sì. Diciamolo però: conviene sempre scommettere sul fatto che non ci sarà la fine del mondo. Chi scommette che ci sarà può solo perdere. Se non ci sarà, infatti, farà la figura del cretino, se ci sarà…».