50 anni di SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), 50 anni di perfezionamenti strumentali, di riflessioni teoriche sulle difficoltà, di speranze, per cercare gli alieni.

Oggi lo strumento più moderno e sofisticato è l’Allen Telescope Array, in California. E’ ancora lungi dall’essere completato, ma alla fine conterà 350 antenne da 6 metri ciascuna. Progettato e costruito grazie a finanziamenti privati, servirà per indagare su un milione di stelle nel raggio di più di 1.000 anni-luce da noi. Ma non solo: studierà anche i nuclei galattici attivi, il campo magnetico della Via Lattea e del Gruppo Locale, le nubi molecolari, le fasi di formazione stellare.

Ci regalerà anche l’agognato segnale intelligente? Giuseppe Cocconi e Philip Morrison hanno scritto che “la probabilità di successo è difficile da stimare, ma se non cerchiamo è di sicuro zero”. Sicché comunque ne vale la pena, non fosse altro che per la splendida avventura intellettuale. E un piccolo contributo può darlo anche ciascuno di noi, grazie al progetto SETI@home, che impiega i tempi morti di centinaia di migliaia di computer nel mondo.

D’altronde la posta in gioco è altissima. Se davvero arriverà quel segnale (che nel romanzo e nel film Carl Sagan ha immaginato come una riconoscibile, esplicita, chiaramente artificiale successione di numeri primi), saremo costretti a interrogarci sul nostro ruolo nel cosmo, sulle nostre conoscenze, sul nostro rapporto con la realtà e anche con il Trascendente.

Che cosa sanno gli alieni dell’universo? Come lo trasformano attraverso la tecnologia? Com’è strutturata la loro società? Credono in Dio? Anche loro soffrono del peccato originale?


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