Secondo alcuni studiosi, le fiabe dei Grimm conterrebbero il retaggio di miti più antichi e simboli derivati dalla tradizione alchemico-ermetica.

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Questa interpretazione si ritrova già presso Alchimisti del '700 e '800. Fra i saggi più recenti che cercano di rintracciare questo particolare filone, troviamo "Alchimia della Fiaba" di Giuseppe Sermonti e "Favole Ermetiche" di Sebastiano B. Brocchi dai quali abbiamo preso spunto per questo articolo.

Nella favola di Biancaneve è possibile riconoscere i procedimenti d'estrazione e purificazione dell'argento. Le varie operazioni metallurgiche emergono come metafore nella fiaba. La bambina è “figlia della neve” e vive un'esistenza ultraterrena, lunare, lontana.
L'argento rappresenta la purezza assoluta e la sua estrazione, nei forni a coppella, simboleggia la rivelazione della parola divina. Esso è conosciuto e lavorato da almeno cinquemila anni. Si trova in natura in estesi giacimenti, incluso in formazioni rocciose entro cui mantiene spesso la sua condizione nativa, come vergine casta in poco raccomandabile compagnia.
La ganga che raccoglie l'argento è formata soprattutto di galena (solfuro di piombo). Sarà il piombo fuso a includere, scomporre, disciogliere e disvelare l'argento.

Il procedimento
Il procedimento di estrazione dell'argento si svolge in forni a riverbero entro una conca di marna o d'argilla, chiamata coppella. L'operazione si chiama coppellazione ed è antica di migliaia di anni e per migliaia d'anni è stata ripetuta quasi identica sino al principio del '900.
La coppellazione è preceduta da una fusione delle pietre, soprattutto galene, contenenti l'argento nativo e i suoi metalli. Il piombo fuso ha la proprietà di decomporre l'argentite (solfuro d'argento) e di sciogliere l'argento. Il piombo contenente l'argento (piombo d'opera) si carica poi entro la coppella, collocata in un forno a riverbero.
La massa plumbea fonde formando un tetro minestrone, alla superficie del quale galleggiano oscure impurità, che sono asportate con ampie cucchiaie di ferro. Nel magma fuso viene insuffiata aria con appositi mantici. Il piombo si lascia coinvolgere dall'ossigeno gorgogliante e si trasforma in ossido di piombo o litargirio. Questo assume l'aspetto di una massa schiumosa e verdastra che tende a tracimare dalla coppella, aiutata dal maestro metallurgo che la trascina con un palo a T. Il nobile argento schiva l'ossigeno e rimane incontaminato, decantando lievemente sul fondo dove forma un deposito bianco, sepolto e compresso sotto la schiuma del litargirio. Intanto il maestro ha praticato, sull'orlo della coppella, un incavo per facilitare il deflusso del piombo ossidato. Mentre parte del litargirio tracima, altra è assorbita dalla cenere e dal fango battuti che coprono il fondo della coppella. Man mano che il bagno si abbassa il litargirio, che prima era verde, assume il suo colore naturale giallo (o rosso). Ridotto a uno strato sottile esso si apre in anelli colorati detti gli occhi dell'argento ("argento in fiore").
Quando l'ultima pellicola di litargirio scivola via, il bianco metallo appare con un improvviso splendore, che viene chiamato il lampo dell'argento.

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La regina interroga lo specchio (illustrazione alla fiaba di Biancaneve di L. Richter e di M. von Schwind).

La Fiaba

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L'estrazione dell'argento dalla galena è di per se una trama fiabesca. Un sepolto biancore giace sotterra in lunghe vene pietrose. Raggiunte dai minatori, le vene sono picconate, abbattute, trascinate faticosamente alla superficie nelle gerle dei portatori. Le pietre spezzate sono deposte entro rozze scodelle che ricordano pentole di streghe.
A lungo la massa plumbea bolle, e sotto la schiuma gorgogliante l'argentea materia si distende come bella addormentata nel suo letto. La massa scura che la sovrasta, come masso che copra una bambina sepolta, come cumulo che copra la luna, si sposta pian piano. E improvvisamente, dopo aver aperto gli occhi, la bellezza velata si svela con un lampo abbagliante. Raccolta e lavata, è disposta su un cataletto, in attesa di appartenere ad un re.
“La fiaba di Biancaneve è popolarmente nota nella versione dei fratelli Grimm. La versione cinematografica di Disney è una divagazione macchiettistica, e non coglie alcun motivo importante della fiaba originale, che è tutta giocata sulla bianchezza e la sua occultazione, ciò che m'ha permesso di includerla fra le Fiabe di Luna” dice Giuseppe Sermonti.
Il destino della dolce bianchezza è quello di essere ripetutamente occultata, ritrascinata nella nerezza, nel buio del sonno stregato.
Il compito è svolto nella fiaba da una matrigna "superba e prepotente" (litargirio): ella non sopporta che la si superi in bellezza. Unita alla bambina dalla consuetudine domestica, le è tuttavia estranea e non partecipe della sua natura. È lei l'operatrice delle trasmutazioni dell'argento. Benché sia perfida, è attraverso le sue manipolazioni che Biancaneve raggiunge la purezza e le nozze. La regina-matrigna dei Grimm è una cercatrice di affioramenti d'argento, e li ricerca in se stessa, guardandosi in uno specchio.

Il divoramento

sermonti biancaneve_05 1Quando la regina vede l'argento, quando scopre nel suo palazzo la bellezza di Biancaneve, subito le prepara la fine dell'argento nativo, che è quella d'essere incluso e dissolto nella galena che lo contiene.

Il pietrame argentifero è fatto a pezzi, gettato in una grande coppa d'argilla, la coppella, e scaldato in un forno a riverbero. Nella poltiglia nerastra e bollente l'argento scompare disciolto, digerito, divorato dal piombo fuso. Il divoramento dell'eroina da parte della matrigna si incontra nella fiaba di Biancaneve e nelle sue varianti. Esso identifica l'argento della fase iniziale del processo di estrazione e si presenta come uno strano cerimoniale cannibalesco. Nella favola dei Grimm, il cacciatore mandato a uccidere la bambina nel bosco si lascia prendere da pietà, risparmia la creatura, e uccide al suo posto un cinghialetto. Quand'egli porta il fegato e i polmoni dell'animale alla regina, ella celebra un banchetto e divora gli organi che crede di Biancaneve, cucinati e salati.
<< E siccome proprio allora arrivò di corsa un cinghialetto, lo sgozzò, gli tolse i polmoni e il fegato e li portò alla regina come prova. Il cuoco dovette salarli e cucinarli, e la perfida li mangiò credendo di mangiare i polmoni e il fegato di Biancaneve. >>

Il Forno
Biancaneve va a addormentarsi in una modesta casina. Intorno a questa si stende un gran bosco selvaggio, pietroso e spinoso. La bimba l'attraversa come una piccola Diana cacciatrice e ne rimane intatta. Il forno per la purificazione dell'argento in coppella è una casetta piccina, circolare, con finestre minute e un tetto conico di ferro. Il muro attorno non è più alto di un metro e il diametro dell'impianto è circa un metro e mezzo. A volerla popolare di inquilini si debbono immaginare piccoli nani ed una ragazza vi entrerebbe, distesa, appena appena. Per Biancaneve è una soglia, al di là della quale sono sonni sempre più profondi, sino all'estremo sonno della morte. La coppella, entro il forno, è un vero giaciglio per l'argento, il luogo in cui esso si distende e si riposa. La fanciulla è avviata agli Inferi, dove giungono tutte le belle-addormentate, in un al-di-là desolato che le conserva intatte nel lungo riposo. Possono starvi mesi, anni, secoli, finche un Orfeo fortunato non le riporti allo splendore del giorno.
La schiumatura
Nella casetta dove giunge Biancaneve ci sono, su un tavolo, sette scodelle colme di verdura, dalle quali Biancaneve si serve, portando via solo un po' di contenuto con un cucchiaino, come fanno i minatori che con un cucchiaio di ferro tolgono la scoria galleggiante dalle coppelle ardenti.
Il metallo
Il cuore della fiaba di Biancaneve è nell'idea di castità: una castità bianca, intoccabile, che è assenza di passioni, di colori, di vita. La bambina è figlia della neve, di un paesaggio senza odore; senza colore e senza rumore, e vive un'esistenza ultraterrena, lunare, lontana. Non conosce congiunzioni, se, non quella con la morte o con il sole. E collocata nell'assoluto e la sua bellezza incomparabile si può guardare solo nello specchio, come quella di una Gorgone. Colore d'alba, virginale e infantile, colore del nulla antecedente all'inizio.

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A Biancaneve si addice il sonno, l'escludersi dalla realtà per andare ad esistere in un mondo inaccessibile, segreto, mentre il corpo immobile, fresco, incorruttibile è serbato intatto per le lacrime degli abbandonati. Un dolore lungo, inconsolabile, senza speranza commenta il suo mantenersi immota sulla soglia della morte, senza mai attraversarla. La sua bara di vetro la separa dalla vita, ma la conserva presente, come la reliquia di una santa.
Tutte queste qualità della fanciulla bianca-come-la-neve sono proprietà dell'argento, il bianco tra i metalli. Di natura nobilissima, l'argento è alieno alle combinazioni e alle ossidazioni, e si conserva casto e nativo tra rocce vili, tra metalli più bassi, nei gorgoglii dell'aria nel forno.
Esso emerge puro dalla coppella in virtù della sua verginità. Tra le pietre e nel forno è l'occultato, il nascosto, il profondo, il pudico. Solo dopo che è stato liberato da cento veli, scopre a sua bianchezza e lo fa con tale fulgore da far girare lo sguardo di chi gli è attorno. L'argento è la bella-addormentata, la bianca giacente.

Il risveglio
Assistiamo ora al suo risveglio. Nella fucina del metallurgo, lo voglio ricordare, si succedono questi procedimenti. La schiuma di piombo tracima e la poltiglia del piombo si va a solidificare sul pavimento, tra fiamme e fumo. Quando l'operazione è ormai completa, si solleva fragorosamente il coperchio del forno, con i suoi tre cerchi di ferro. Nella coppella il litargirio, ridotto in uno strato sottile, si squarcia e si aprono "gli occhi dell'argento". Improvvisamente l'ultimo velo scorre via e l'argento risplende con un biancore abbagliante. È il "lampo dell'argento".
Il litargirio arde, tracima e piomba al suolo come poltiglia, l'argento, con un lampo, si risveglia.
Il risveglio di Biancaneve è dolce e sereno:
Ella aprì gli occhi, sollevò il coperchio e si rizzò sulla bara. Era tornata in vita. La strega non è presente, ma quando la vede andare a nozze riconobbe Biancaneve e impietrì dallo spavento e dall'orrore...
La purgatura e il sigillo reale
Prima d'essere esposta nella bara di vetro dove un principe si offrirà di acquistarla, Biancaneve è sottoposta alle ultime purificazioni da parte dei piccoli minatori. Essi cercano dapprima di liberarla dal veleno che la tiene addormentata e poi la preparano per l'estrema deposizione sul letto di morte. La preparazione della salma di Biancaneve segue una procedura curiosa. La bambina è lavata con acqua e vino, pettinata e poi disposta su un cataletto. Quindi è collocata in una bara di cristallo e esposta sul monte. Sulla bara, misero sopra il suo nome, a lettere d'oro, e scrissero che era figlia di re.
Ricordiamo cosa dice a proposito Giorgio Agricola (George Bauer) nel suo libro “L'arte dei metalli” (De Re Metallica , 1557):
<< Appena l'argento appare nella sua bianchezza, il maestro sopra l'argento getta alcuni vasi d'acqua perché si raffreddi ... Altri sono che ci versano sopra della cervosa perché diventi più bianco. >>
Dopo ulteriori purificazioni, un operaio noto come purgatore depone l'argento a terra, poi lo solleva con una pala e lo sfrega ripetutamente con una spazzola bagnata di acqua. Lo dispone poi in vista sopra un trepiede. Arriva il sovrastante e pone il blocco d'argento sopra un tronco, lo esamina, stabilisce a che pregio si debba vendere ai mercatanti: fatto questo incontanente vi mette il sigillo del re...
Pronta per il regale acquisto, la bianca fanciulla giace, come lingotto argenteo, in attesa delle uniche nozze che le si confanno, lo sposalizio con l'oro.

Il luogo della fiaba
Benché le fiabe non abbiano, come la storia, un'epoca e un luogo, esse si depositano, come i miti, in alcune regioni propizie, donde traggono alimento e vigore, in cui stabiliscono il loro paesaggio ideale.
Biancaneve ha il suo territorio d'elezione nel sud-est della Sardegna. In quella regione, nota come il Sarrabus, esistono giacimenti d'argento e fino all'inizio di questo secolo hanno funzionato numerose miniere.

7 fratelli

Dalla zona mineraria, guardando verso il sud, appare un massiccio montuoso chiamato il Sette Fratelli. Sono sette picchi, di cui uno emerge sugli altri, col nome femminile di Sa Ceraxa (la cerussa?). Essi sembrano assistere da lassù al sonno della bella addormentata. Una leggenda locale ricorda sei cavalieri che protessero una fanciulla, di una spanna più alta di loro, prima d'esser trasformati in picchi montuosi.
Ai piedi del massiccio esistono ancora i ruderi di un piccolo eremo, chiamati il Convento dei Sette Fratelli {si tramanda che sia stato costruito nel sec. XIV da sette cavalieri).
L'eremo si trova in una piccola radura circondata da un vasto bosco, che in epoche passate era frequentato da animali selvaggi. In quel bosco immaginiamo una fanciulla bianca come neve (la "cerussa" è la bianca) correre impaurita verso la lontana casetta dei sette nani.

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