Secondo alcuni studiosi, le fiabe dei fratelli Grimm e dello scrittore francese Perrault conterrebbero il retaggio di miti più antichi e simboli derivati dalla tradizione alchemico-ermetica.

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Il terzo personaggio a cui dedichiamo la nostra analisi è Cenerentola, un'orfanella grigia e sudicia di cui non compete né la birichineria di Capopuccetto Rosso, né la castità di Biancaneve. Essa passa dall'oscura segregazione di un sottoscala alla bellezza danzante in abiti meravigliosi. A differenza delle fanciulle delle prime due fiabe, viene rapidamente a conoscenza delle malìe dell'amore, i corteggiamenti e le fughe, dai nascondimenti e alle riapparizioni.

Cenerentola e Proserpina

Cenerentola è l'erede di Proserpina, ovvero di Kore-Persefone, figlia di Cerere; rapita da Plutone re dell'Ade mentre coglieva i fiori sulle rive del lago Pergusa ad Enna e trascinata sulla sua biga trainata da quattro cavalli neri, ne divenne la sposa e fu regina degli Inferi. Dopo che la madre ebbe chiesto a Giove di farla liberare, poté ritornare in superficie, a patto che trascorresse sei mesi all'anno ancora con Plutone. Cerere faceva calare il freddo ed il gelo durante i mesi in cui la figlia era assente come segno di dolore, per poi far risvegliare la natura per il ritorno di Proserpina sulla terra.

Cenerentola, che passa continuamente dal fuoco ardente nell'oscurità alla danza in abiti d'argento e d'oro, è una Kore-Persefone fiabesca, ed è l'elemento zolfo, che emerge dalla sudicia e fetida pietra di miniera nella lucentezza del cristallo dorato.

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Kore-Persefone e Cenerentola

Cominciarono i giorni tristi per la povera figliastra (raccontano i Grimm) ... le tolsero i bei vestiti, le fecero indossare una vecchia palandrana grigia, e le diedero un paio di zoccoli. "Guardate la principessa com'è agghindata!" esclamarono ridendo e la condussero in cucina.

Anche la Cenerentola di Perrault:
Quando aveva finto le faccende, andava a rifugiarsi in un cantuccio del focolare, e si metteva a sedere nella cenere.
La segregazione non dura a lungo. Aiutata da un uccellino o una fata, la fanciulla abbandona il sui nascondiglio e torna alla luce, espressa nei bei suoi abiti:
"Allora l'uccello le gettò un abito d'oro e d'argento e scarpette trapunte d'argento e di seta".
Così nella fiaba dei Grimm.

Più regale l'abbigliamento descritto da Perrault:
"I suoi abiti si mutarono in vestiti di broccato d'oro e d'argento, tutti ricamati con pietre preziose; (la fata) le diede poi un paio di scarpette di vetro che erano una meraviglia, così vestita ella salì in carrozza..."

Il passaggio dalla cenere alla veste dorata si ripete più volte, come nel mito di Proserpina che passa un terzo di ogni anno agli Inferi e due terzi sotto il cielo. Il periodico morire e rinascere è la modalità dell'esistenza delle due fanciulle, di Proserpina in un mondo arcaico e di Cenerentola in un palazzo di un era non troppo lontana da noi.

La vicenda della fanciulla Kore ha un tratto che la avvicina in modo particolare alla Cenerentola di Perrault. Kore sale su un carro dorato trascinata da cavalli immortali. La bella di Perrault sale su una berlina "tutta dorata" portata da sei splendidi cavalli. Kore va nel palazzo infernale e Cenerentola nel palazzo del re. Cenerentola si trova al ballo insieme alle due sorellastre e il principe reale non ha alcuna esitazione nello scegliere lei come sua ballerina. Anche Kore forma, nella danza sui campi fioriti, una triade con due sorellastre, Artemide e Atena. Tra le tre vergini è lei che è scelta come sposa dal re degli Inferi.

Soffermiamoci ora sul Narciso divelto da Kore, che costituisce una connessione forte tra il mito e la fiaba.
Tra rose e crochi, violette, iris e giacinti, la dea Gea aveva fatto spuntare una splendida pianta di narciso, per tentare la fanciulla dal volto di bocciolo. Era una pianta meravigliosa, dal profumo dolce e intenso, e alla sua vista il cielo, la terra e l'acqua ridevano. Kore stese ambo le mani verso il fiore tentatore, come verso un tesoro. Improvvisamente la terra si spalancò e sul campo Niseo si aprì una voragine: Ne balzò fuori il terribile dio degli Inferi che trascinò la fanciulla riluttante e piangente sul Suo carro verso il regno sotterraneo.

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Il mito stabilisce l'archetipo di tutte le infrazioni del perno vegetale, dell'albero della vita, dell'axis mundi.

È il peccato originale, provocato dal tentatore, che prende poi possesso del peccatore. Tutti gli orchi, i mostri, i diavoli che compaiono attraverso il foro prodotto dalla pianta divelta, dal fiore reciso o dal rametto staccato, sono manifestazioni del dio degli Inferi. E tutti i castelli incantati in cui la fanciulla delle fiabe è trascinata sono il regno pieno di ricchezze del sovrano Plutone.

Nella Cenerentola dei Grimm c'è un ramo spezzato a fornire la magia che condurrà la fanciulla al Palazzo reale. Sulla pianta che nascerà dal ramo, un uccellino bianco provvede ai desideri della piccina. Cenerentola incarica il padre di cogliere il ramo:

Babbo, il primo rametto che vi urta il cappello sulla via del ritorno, coglietelo per me.

Il rametto, e la piantina di nocciolo che ne nasce, parrebbe piccola cosa di fronte al narciso, tentatore di Kore, ma in altre fiabe, per vari aspetti appartenenti al tipo di Cenerentola, la rottura che il padre produce spezzando il ramo per incarico della figlia ha il carattere fatale di un preludio infero.

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Gli uccellini aiutano Cenerentola nella cernita delle lenticchie

Cenerentola e le Solfare
Negli altipiani della Sicilia centrale troviamo il luogo che può corrispondere all'ingresso dell'Inferno? Dove l'oscura caverna al di là della quale è la tenebra, il fuoco, il demoniaco, ed altresì le ricchezze di Plutone?
Proprio intorno al lago di Pergusa, che è il luogo mitico del "ratto di Proserpina" (rapimento della sudetta Kore), si aprono, da tempo immemorabile, bocche paurose che menano alle profondità della terra, grembo di dolore e di ricchezza: sono gli ingressi delle solfare. I picconieri che nell'antichità vi si calavano a cercare i minerali solfiferi avevano la sensazione di calarsi in un inferno. Nelle gallerie sotterranee regnava l'acre odore dello zolfo, fetore di diavolo, si rintanava un fuoco infido, minaccioso, che in ogni istante poteva invadere i camminamenti e colmarli di gas venefico.

Le pareti e le volte delle gallerie delle miniere di zolfo appaiono, alla luce delle lampade, di un colore grigio pallido, cinerino. La massa amorfa della ganga calcarea rivela il suo carico di zolfo nel minuscolo luccicare di microcristalli dorati. I picconieri abbattevano le pareti pietrose con monotoni colpi di piccone, ed il pietrame caduto a terra era trasferito in ampie gerle sostenute a spalla dai "carusi". Ancora in tenera età queste piccole creature, chinate e sofferenti, salivano in pietosi cortei, con gambette tremanti, verso l'esterno attraverso lunghissimi camminamenti, sostenuti da rozzi gradini di legno.

Le pietre contenenti lo zolfo si raccoglievano in grandi mucchi e poi si dava loro fuoco. Parte dello zolfo bruciava ed altra colava fuori dal mucchio e veniva raccolta in appositi recipienti.

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La cernita delle pietre grezze da avviare ai forni

In Sicilia il materiale solfifero estratto dai picconieri era trattato, sino al 1850, su piani inclinati che si chiamavano calcarelle. Queste erano fornaci circolari, di 1,5-2 metri di diametro, poco profonde col suolo inclinato. Il fondo era formato di ciotoli o pietrame minuto. La fornace si riempiva di minerale e al di sopra si faceva un alto cumulo conico o a piramide totalmente scoperta. Compiuta la carica, all'imbrunire, il cumulo era acceso nel terzo superiore, e la calcarella era abbandonata a se stessa. Il mattino seguente da un foro aperto nella parte bassa della fornace, chiamato morte, cominciava a colare lo zolfo. Verso sera. e talvolta a notte avanzata, la fusione era terminata. Lo zolfo ricavato era poco più di un terzo del totale. Il resto si perdeva ardendo nell'atmosfera allo stato di anidride solforosa (SO2).

Esso è come la materia iniziale dell'alchimista, che:
Unisce alla nerezza un odore spiacevole, sporca le mani di coloro che la toccano e, molto sgraziata, riunisce in tal modo tutto ciò che può dispiacere.

A volte l'essere avvolto nell'oscura palandrana o nella sudicia pelle è una fanciulla. Massima ambiguità del simbolo che include nella rappresentazione di tutto ciò che è forte, attivo, virile, la grazia delicata delle bimbe. Dunque, questa immacolata verginella, che siamo andati a pescare in una cucina nel sottosuolo di palazzo, questa oscura, dolcissima Cenerentola, corrisponde allo zolfo. Segregata dal mondo, nel racconto dei Grimm, relegata in un sotterraneo, accanto al fuoco, tra la cenere, ella è come la roccia grezza, da nulla meglio rappresentata che dallo zolfo di miniera.

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Cenerentola seduta accanto alla cenere in un angolo del caminetto. Vicino, le sorellastre (illustrazione popolare francese della fine del '700)

Sublimazione e struggimento

Ci avviamo adesso alla descrizione dei processi di separazione e purificazione dello zolfo. In essi distinguiamo due fasi:

-Nella prima lo zolfo, per azione del fuoco, si distacca dalla ganga e si solleva sotto forma di vapore.

-Nella seconda si condensa e gocciola e scola verso il basso come elemento nativo.

L'amore corrisponde, in termini chimici, alla combustione, alla sublimazione infuocata.

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Preparazione dell'aria quadra (la calcara siciliana) per la colatura dello zolfo o della pece

La prima sera:

Essa si verifica durante il ballo al Castello, quando il Principe sceglie ed esalta la sua Ballerina; il Principe è il fuoco stesso: è colui che trae lo zolfo di fuori dalla ganga, lo elegge, lo purifica:
Il principe le venne incontro, la prese per mano e ballò con lei. E non volle ballare con nessun'altra: non le lasciò mai la mano, e se un altro la invitava, diceva: "È la mia ballerina". Cenerentola danzò fino a sera, poi volle andare a casa. Ma il principe disse: "Vengo ad accompagnarti" perché voleva vedere da dove venisse la bella fanciulla. Ma ella gli scappò e balzò nella colombaia.
Strana fuga verso domestiche altitudini che denota il compimento della sublimazione.

La seconda sera si ripete la stessa scena:
Là c'era un bell'albero alto da cui pendevano magnifiche pere; ella si arrampicò fra i rami svelta come uno scoiattolo e il principe non sapeva dove fosse sparita.
Ancora una volta la fanciulla sfugge verso l'alto, si solleva, si volatilizza.

Il terzo giorno la scena è diversa:

Lo zolfo ha raggiunto la purezza, dopo due vaporizzazioni, e scola come cera fusa nel fondo del forno per uscire dall'apertura inferiore. La fanciulla si precipita lungo la scala d'uscita. Ma ora non è più un vapore fuggevole, è una massa fusa, una sostanza densa che può essere raccolta e catturata.
Sulla scala rimane una scarpina dorata. La scarpa perduta attesta il passaggio agli Inferi: della stessa Proserpina si narrava che avesse perduta una scarpina fuggendo da Ade.
In termini mineralogici, una scarpina dorata o di cristallo può essere lo splendente cristallo di zolfo che emerge dalla miniera e alla miniera consente di risalire, od anche il dorato schizzo sulfureo che sprizza dalla fessura della calcàra.

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Il ratto di Proserpina, olio su rame di J. Heinz il vecchio (1564-1609)

La pioggia d'oro
Cenerentola all'uscita dall'oscurità è coperta di un "abito d'oro e d'argento" (Grimm) o di "vestiti di broccato d'oro e d'argento" (Perrault). Nella favola dei Grirmm oro e argento piovono dall'alto, come luce, offerti da un uccellino e calanti da una pianta di nocciolo.

Grida Cenerentola:

Piantina, scuotiti, scrollati d'oro e d'argento coprimi.

Come poteva una piantina piovere polvere d'oro, e convertire una palandrana grigia in un principesco abito d'oro? Il rametto che il padre aveva portato a Cenerentola, di ritorno dal suo viaggio era di nocciolo. La piccina lo aveva piantato presso la tomba della madre e lo aveva annaffiato di lacrime: "il ramo crebbe e divenne una bella pianta", pronta a soddisfare i desideri della fanciulla virtuosa e pia.

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Cenerentola innaffia il nocciolo da cui riceverà gli abiti dorati

Reca il nocciolo fiori femminili in mazzetti di colore rosso vivo. I fiori maschili scendono, alla fine dell'inverno, come ghirlande di minuscole corolle rosse, come penduli grappoli, che i botanici chiamano "amenti" o "gattini". Quando viene la primavera, si verifica un fenomeno meraviglioso. Gli innumerevoli fiorellini schiudono le loro piccole corolle e si liberano nell'aria nuvole di giallo polline che scendono verso il suolo: botanica pioggia d'oro che copre la fanciulla scendendo dalla piantina scossa e scrollata (Una "pioggia d'oro" minerale si ottiene dalla sfarinatura del solfuro di arsenico).

Danae e la pioggia d'oro

Un altro esempio degno di nota è l'antica, divina e solenne pioggia d'oro che inonda il grembo della principessa Danae. La fanciulla, figlia del re di Argo, è stata rinchiusa dal padre in una cella sotterranea, perché, segregata dal mondo, non possa concepire un bambino. La vergine sarà fecondata da una luce divina calante dall'alto, da una pioggia d'oro schizzante attraverso il tetto della cella sotterranea. Ella raccoglie nella sua veste la pioggia d'oro e da essa spunta Zeus, il padre degli dèi, con cui la vergine concepisce un figlio quasi divino, Perseo. Tutte queste fiabe e leggende richiamano lo sgorgare dello zolfo fuso dalla cella della Morte. In una fiaba tedesca, sempre nei Marchen dei Grimm, il riferimento si fa palese. Accanto allo zolfo cola dalla porta forata la sua controparte oscura, il bitume. Come lo zolfo è dono e premio per lo zelo e la dolcezza, il bitume è castigo per la pigrizia e lo sgarbo.

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Danae (1544), olio di Tiziano. sulla fanciulla scende la pioggia d'oro nella quale si è trasformato Giove

Fiaba grigio-cenere

La fiaba di Cenerentola è affrescata su un fondo grigio-cenere, dipinto e coperto di pennellate d'oro, che delineano la figura della più buona delle fanciulle. La pittura aurea su fondo scuro, come in una delicata icona bizantina, rappresenta l'uscita dalle tenebre, la vittoria splendente del sole sulla caverna, del cielo sugli inferi, dell'oro alchemico sulla materia infame.

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